Abbiamo intervistato Archimede Tentindo, Capoistruttore della OMEGA, nella palestra romana dove insegna Wing Chun.
D.: Ci parli del suo rapporto con le Arti Marziali.
R.: È molto stretto attualmente. Mi alleno tutti i giorni. Ho iniziato a praticare il Karate Shotokan nel 1976. Raggiunto il 2° dan, ho incontrato il Wing Chun: è stato amore a prima vista! Pratico inoltre Qi-Gong taoista. Secondo me un artista marziale deve porsi sia l’obiettivo dell’equilibrio psicofisico che quello della efficacia in combattimento. Proprio ieri un informatore scientifico (il M° Tentindo è medico, n.d.r.) mi ha confidato che pur praticando un’arte marziale da dieci anni, non si sente in grado di difendersi in caso di necessità. Secondo lui, questo è dovuto al fatto che, essendo da poco cintura nera, ha appreso un programma insufficiente! Tutto ciò è assurdo. Se non ci si sente sicuri dopo dieci anni di pratica quotidiana, qualcosa veramente non va! Quasi sempre c’è la paura che si maschera dietro tali giustificazioni. Se non sei sicuro dopo dieci anni di allenamento di base, pensi che il tuo spirito sarà più forte dopo che avrai collezionato altre tecniche? Perchè ti ostini ad allenarti, se dopo così tanto tempo ti senti ancora un po’ “coniglio”? forse quello che cerchi è solo un ambiente confortante e diventare un forte combattente non ti interessa veramente.
D.: Questo accade spesso.
R.: Certamente. Ma è un fallimento. Essere artisti marziali è innanzitutto avere consapevolezza dei propri scopi e dei propri desideri. è un processo anche doloroso, ma di grande crescita e soddisfazione. Ad esempio c’è chi, frustrato nel proprio lavoro, si dà alla pratica con lo scopo di fare carriera: istruttore, poi maestro e così via. Se questa persona non avrà mai la coscienza di quale è la sua spinta primaria, sarà in fondo sempre un frustrato. Anche arrivando all’apice dell’organizzazione, non sarà mai veramente rilassato dentro di sè. Il “Kwoon” (il Dojo in cinese, n.d.r.) gli servirà da un punto di vista spirituale, soprattutto come tappabuchi. Qualora avesse invece la forza di leggere dentro sè stesso, eliminerebbe il suo male interiore alle origini, portandolo allo stato di coscienza. Allora raggiungerà le mete proposte – gradi, capacità tecnica o responsabilità organizzative – come conseguenza di un allenamento divertente ed avrà una vita migliore anche nella vita sociale. Come vede, per me il Wing Chun non è solo una disciplina da combattimento.
D.: In fondo che cosa le piace di più nel Wing Chun?
R.: Soprattutto il suo grande realismo. Considera tutti i possibili errori che si possono commettere fronteggiando praticanti di altri stili. In secondo luogo la sua capacità di sfruttare al massimo la biomeccanica del corpo umano. Inoltre ti addestra ad essere diretto o a deflettere al momento opportuno. Scriva che il Wing Chun mi piace tutto…. Fa prima!
Redazione del notiziario